Inaugura il prossimo 20 maggio
alle ore 17 la bi-personale delle artista Lidia Bachis ed Eva Gerd.
“Naturalmente”, questo il titolo scelto dal curatore Fabrizio Pizzuto, sarà ospitata fino al 18 giugno nel suggestivo complesso rinascimentale delle
Scuderie di Palazzo Chigi-Albani a Soriano nel Cimino (VT).
Eva Gerd, Fabrizio Pizzuto e Lidia Bachis durante il sopralluogo alle Scuderie Chigi Albani |
Per
presentarvi le artiste e il tema della mostra organizzata dalla cooperativa
sociale Il Camaleonte, Cristina Pontisso le ha messe a confronto con
cinque domande che hanno dato vita a un’intensa intervista a tre voci tutta da
gustare.
Lidia Bachis, Frame senza titolo, olio su tela, 30 x 30, 2001 |
D: Eva Gerd e Lidia Bachis: differenti linguaggi
artistici che trovano, in questa mostra, un terreno di condivisione e
confronto. Come state
vivendo questa esperienza?
Lidia Bachis: Con Eva Gerd, abbiamo lavorato insieme a diversi progetti, ma questa è la
prima volta che ci confrontiamo in una bi-personale. Nel corso degli ultimi
anni abbiamo maturato l’idea di poter fare un progetto insieme, da parte mia
sono molto curiosa di capire come le idee messe in campo, le energie, le
passioni comuni, saranno lette e condivise.
Ognuna di noi due segue da vicino e con attenzione
il lavoro dell’altra, dall’inizio ci siamo confrontate su tutto, su cosa fosse
giusto togliere e cose evidenziare, su quale livello e quale percorso seguire
per costruire la mostra, nonostante ciò, la visione definitiva non la
conosceremo fino al giorno dell’inaugurazione. Soprattutto per quanto riguarda
i lavori site specific e installativi a cui stiamo lavorando in questi giorni.
Eva Gerd: Confrontarsi con
altri artisti crea sempre domande che aprono gli occhi su nuove visioni del
proprio lavoro. Si entra nei pensieri dell'altro e ciò spinge a capire meglio
le proprie idee. Decidere di fare una doppia personale essendo così diverse,
potrebbe sembrare una sfida, ma credo che bisogna sempre andare un po’ oltre la
linea di sicurezza per migliorare e andare avanti.
Eva Gerd, Pinze, matita su carta, 21 x 30 cm, 2008 |
D: Il titolo della mostra
suggerisce un contesto ambientale che, nella sua valenza simbolica e
letteraria, può avere i connotati positivi di una natura rigogliosa e
brulicante di vita oppure proporre suggestioni inquietanti come un bosco
misterioso e impenetrabile. Qual è il vostro approccio alla tematica?
Lidia
Bachis: Scegliere il tema della mostra è
state naturale!!! Da qui l’idea
geniale del titolo da parte del curatore Fabrizio Pizzuto. Entrambe seppur in
modo totalmente diverso affrontiamo gli stessi temi e partiamo da un punto
preciso: il bosco.
Il bosco per me diventa simbolo
ed archetipo, viaggio iniziatico e di formazione, attraverso la rilettura delle
favole, dei suoi concetti, ripropongo temi semplici, ma eterni, il bene e il
male, la paura e il coraggio, la forza e la bellezza, la magia e il mistero.
Eva
Gerd: È tutto quello che hai detto. È attraente
e inquietante, è vita e morte e ancora vita. Il bosco è quello degli alberi, ma
è anche il nostro mondo interiore, la nostra intimità, il nostro inconscio. La
natura siamo anche noi, è la nostra vita e la nostra morte.
Lidia Bachis, Kit di sopravvivenza di una geisha metropolitana, tecnica mista, 2004 |
D: In questa mostra saranno presenti lavori site-specific, realizzati direttamente negli spazi espostivi, accanto ad altri già noti al pubblico. Disegni, pittura ad olio, installazioni racconteranno la vostra capacità di utilizzare differenti tecniche. Nella traduzione dell’idea in opera, come avviene la scelta di un medium piuttosto che un altro?
Lidia Bachis: Ogni lavoro ha il suo medium,
partiamo da qui. Per me la decisione nasce con l’esigenza di costruire lo
spazio che andrò ad occupare, fa parte della mia visione totale. È come girare
un film che dividiamo in sceneggiatura, scenografia, costumi etc, così una
personale anche se in questo caso saranno due personali che si intrecciano in
modo più o meno simmetrico, fino a creare un'unica visione d’insieme.
Come in un video, ogni frame si materializza con la sua forma definitiva,
ci sono le opere olio su tela, il lavoro direttamente a parete, la porta della strega,
la strada di caramelle… Il resto invito a venirlo a vedere.
Eva Gerd:
Nel tempo ho provato tantissimi materiali e tecniche, ma mi trovo meglio con la
semplicità della matita e della carta, con l'ago e il filo. La lentezza che
richiedono queste tecniche manuali e silenziose per me è fondamentale. Nella
società di oggi tutto deve essere veloce, invece per me viene naturale andare
contro questa tendenza. Come anche la scelta di usare maggiormente materiali
poveri, magari trovati.
Da anni lavoro con cose che mi
arrivano da sole. Adesso vivo con la natura intorno a me, e molte delle piante
morte, seccate, che ho usato per la mostra, le ho trovate nel giardino o nel
boschetto vicino casa.
Eva Gerd, La silenziosa abitatrice del giardino anatomico, h 140 cm, 2007 |
D: Siete entrambe figlie degli anni Sessanta. C’è stato un fatto storico, culturale o sociale, oppure una personalità che ha influenzato il vostro percorso artistico?
Lidia Bachis: L’influenza più grande sul mio lavoro è stata determinata dai cartoni
animati, con l’invasione da parte dei giapponesi nei palinsesti delle prime
televisioni private. Candy Candy,
Lady Oscar, Goldrake, Capitan Harlock, un vero schock retinico. Passavo pomeriggi interi a disegnarli, mi piaceva la pulizia della linea,
così facile da seguire anche per la mano di una bambina, la definizione dei
colori brillanti e puliti, la sequenza
delle immagini, capaci di costruire la storia con pochi passaggi. Crescendo, sono
stata attratta dalla letteratura giapponese,il primo libro che ho letto è stato
Genji monogatari, scritto nell'XI secolo dalla dama di corte Murasaki Shikibu
vissuta nel periodo Heian, considerato uno dei capolavori della letteratura
giapponese così come della letteratura di tutti i tempi.
Lidia Bachis, Mangaka, tecnica mista su carta, 2009 |
Poi sono arrivati gli artisti, non i mostri sacri che abbiamo imparato a conoscere, come Murakami o Yoshitomo, all’inizio quando ero ancora una studentessa il mio interesse era rivolto ai classici Eitoku Kanō o Hokusai. Terminati gli studi, ho iniziato a seguire la scena artistica romana degli anni 90; all’epoca Roma era ancora “sbronza” dell’effetto travolgente scatenato da artisti come Schifano, Angeli, Mambor, Festa, ma chi la faceva da padrone era la transavanguardia. La storia la conosciamo, ma quello che posso dirti è che per chi come me si affacciava nella scena artistica di allora, non era facile, i punti d’interesse si erano spostati, quando ero giovane quelli che sono grandi oggi lo erano anche al tempo, penso ad un Kounnellis recentemente scomparso. Non c’era molto spazio.
Da gruppi di artisti si passa
agli outsider, penso ai primissimi lavori di Cattelan, della Pivi, della Beecroft,
di Basilè. Per rispondere alla tua domanda i miei artisti di riferimento si
intrecciano mimeticamente con la mia ricerca.Ci sono gli artisti come Carol
Rama e la Bourgeois, Marlene Dumas, ma anche gli scrittori, i poeti, i registi.
Sono nata, come artista, in un
momento in cui parlare di pittura era una sorta di oltraggio all’arte, un tabù,
io dipingevo, stavo imparando, amavo l’odore dell’acquaragia, era il medium più
economico per me in quel momento, dopo sono venuti i video e gli oggetti.
Ricapitolando, dipingevo e
dipingevo figurativo, un binomio impossibile, erano gli albori della digital
art, di nuovi media, di nuove forme di installazione, di interazione.
Lidia Bachis, Candy Eyes, olio su tela, 110 x 140 cm, 2011 |
Eva Gerd: Questo è molto divertente, perché sembra che arriviamo da due pianeti lontani! Io di Candy Candy non sapevo nulla prima che Lidia me la mostrasse! Credo, anche se non sono sicura, che non c'erano quei programmi TV in Danimarca.
Non so nominare un fatto o
qualcuno che in particolare mi ha influenzato. Mio padre faceva il falegname,
realizzava anche i nostri mobili. Sono cresciuta con i valori della manualità e
l'attenzione agli oggetti. Forse per questo ho cercato di acquisire delle abilità,
prima ancora di sapere che le avrei utilizzate nel mio futuro, per diventare
un’artista. Frequentavo una scuola di disegno in un museo, stando ore ferma a
guardare una scultura greca o romana, per disegnare poche linea al giorno. Non
c'era nessun obbligo tecnico per entrare all'accademia di belle arti, ma per il
mio percorso era indispensabile. Il disegno delle statue portava allo studio
del corpo umano, e da là all'anatomia. Non dal vivo o in fotografie, ma
studiando le tavole anatomiche di diverse epoche.
Eva Gerd, The Anantomic Garden fig.6, disegno a matita, 56 x 76 cm, 2011 |
D: Il filosofo tedesco Hegel sosteneva che l’arte sarebbe diventata un passatempo da museo, una “splendida superfluità” da godersi con leggerezza. Secondo voi questa previsione si è avverata o l’arte oggi può ancora avere una funzione sociale e un ruolo importante per la collettività?
Lidia Bachis: Si
è avverata, ma si è sviluppato anche il suo contrario, due nomi: Damien Hirst e
Hai Weiwei. Da un lato il più irriverente degli young british artist, che
esordisce con uno squalo in formaldeide e finisce con un tesoro ripescato dal
fondo degli oceani, meraviglia e stupore; dall’altro il più impegnato,
politicizzato, sostenitore delle cause umane, delle sue tragedie, uno degli
artisti più ricchi al mondo, invade gli spazi con giubbotti salvagente. Massimo
dell’edonismo contro massimo impegno.
Eva
Gerd: L'arte in tutte le sue forme ha
un ruolo importantissimo, sia sul livello individuale che collettivo.
Perché l'arte ha la capacità di
farci entrare in una dimensione diversa da quella quotidiana. L'arte se fa
emozionare e riflettere può cambiare qualcosa, è un'apertura, come camminare in
un bosco fitto e trovarsi all'improvviso in uno spazio soleggiato.
Eva Gerd, particolare da Still Life-quiet tales from nothingness. Artefiera, Bologna 2013. Ossa rivestite di seta e ricamate 2009-2013 |
Cliccate QUI per maggiori informazioni sulla mostra NATURALMENTE.
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