11 maggio 2017

Intervista a Lidia Bachis e Eva Gerd - NATURALMENTE

Inaugura il prossimo 20 maggio alle ore 17 la bi-personale delle artista Lidia Bachis ed Eva Gerd. “Naturalmente”, questo il titolo scelto dal curatore Fabrizio Pizzuto, sarà ospitata fino al 18 giugno nel suggestivo complesso rinascimentale delle Scuderie di Palazzo Chigi-Albani a Soriano nel Cimino (VT).

Eva Gerd, Fabrizio Pizzuto e Lidia Bachis durante il sopralluogo alle Scuderie Chigi Albani


Per presentarvi le artiste e il tema della mostra organizzata dalla cooperativa sociale Il Camaleonte, Cristina Pontisso le ha messe a confronto con cinque domande che hanno dato vita a un’intensa intervista a tre voci tutta da gustare.

Lidia Bachis, Frame senza titolo, olio su tela, 30 x 30, 2001

D: Eva Gerd e Lidia Bachis: differenti linguaggi artistici che trovano, in questa mostra, un terreno di condivisione e confronto. Come state vivendo questa esperienza? 

Lidia Bachis: Con Eva Gerd, abbiamo lavorato insieme a diversi progetti, ma questa è la prima volta che ci confrontiamo in una bi-personale. Nel corso degli ultimi anni abbiamo maturato l’idea di poter fare un progetto insieme, da parte mia sono molto curiosa di capire come le idee messe in campo, le energie, le passioni comuni, saranno lette e condivise.
Ognuna di noi due segue da vicino e con attenzione il lavoro dell’altra, dall’inizio ci siamo confrontate su tutto, su cosa fosse giusto togliere e cose evidenziare, su quale livello e quale percorso seguire per costruire la mostra, nonostante ciò, la visione definitiva non la conosceremo fino al giorno dell’inaugurazione. Soprattutto per quanto riguarda i lavori site specific e installativi a cui stiamo lavorando in questi giorni.

Eva Gerd: Confrontarsi con altri artisti crea sempre domande che aprono gli occhi su nuove visioni del proprio lavoro. Si entra nei pensieri dell'altro e ciò spinge a capire meglio le proprie idee. Decidere di fare una doppia personale essendo così diverse, potrebbe sembrare una sfida, ma credo che bisogna sempre andare un po’ oltre la linea di sicurezza per migliorare e andare avanti.

Eva Gerd, Pinze, matita su carta, 21 x 30 cm, 2008
D: Il titolo della mostra suggerisce un contesto ambientale che, nella sua valenza simbolica e letteraria, può avere i connotati positivi di una natura rigogliosa e brulicante di vita oppure proporre suggestioni inquietanti come un bosco misterioso e impenetrabile. Qual è il vostro approccio alla tematica?

Lidia Bachis: Scegliere il tema della mostra è state naturale!!! Da qui l’idea geniale del titolo da parte del curatore Fabrizio Pizzuto. Entrambe seppur in modo totalmente diverso affrontiamo gli stessi temi e partiamo da un punto preciso: il bosco.
Il bosco per me diventa simbolo ed archetipo, viaggio iniziatico e di formazione, attraverso la rilettura delle favole, dei suoi concetti, ripropongo temi semplici, ma eterni, il bene e il male, la paura e il coraggio, la forza e la bellezza, la magia e il mistero.

Eva Gerd: È tutto quello che hai detto. È attraente e inquietante, è vita e morte e ancora vita. Il bosco è quello degli alberi, ma è anche il nostro mondo interiore, la nostra intimità, il nostro inconscio. La natura siamo anche noi, è la nostra vita e la nostra morte.

Lidia Bachis, Kit di sopravvivenza di una geisha metropolitana, tecnica mista, 2004 

D: In questa mostra saranno presenti lavori site-specific, realizzati direttamente negli spazi espostivi, accanto ad altri già noti al pubblico. Disegni, pittura ad olio, installazioni racconteranno la vostra capacità di utilizzare differenti tecniche. Nella traduzione dell’idea in opera, come avviene la scelta di un medium piuttosto che un altro?

Lidia Bachis: Ogni lavoro ha il suo medium, partiamo da qui. Per me la decisione nasce con l’esigenza di costruire lo spazio che andrò ad occupare, fa parte della mia visione totale. È come girare un film che dividiamo in sceneggiatura, scenografia, costumi etc, così una personale anche se in questo caso saranno due personali che si intrecciano in modo più o meno simmetrico, fino a creare un'unica visione d’insieme.
Come in un video, ogni frame si materializza con la sua forma definitiva, ci sono le opere olio su tela, il lavoro direttamente a parete, la porta della strega, la strada di caramelle… Il resto invito a venirlo a vedere.

Eva Gerd: Nel tempo ho provato tantissimi materiali e tecniche, ma mi trovo meglio con la semplicità della matita e della carta, con l'ago e il filo. La lentezza che richiedono queste tecniche manuali e silenziose per me è fondamentale. Nella società di oggi tutto deve essere veloce, invece per me viene naturale andare contro questa tendenza. Come anche la scelta di usare maggiormente materiali poveri, magari trovati.
Da anni lavoro con cose che mi arrivano da sole. Adesso vivo con la natura intorno a me, e molte delle piante morte, seccate, che ho usato per la mostra, le ho trovate nel giardino o nel boschetto vicino casa.

Eva Gerd, La silenziosa abitatrice del giardino anatomico, h 140 cm, 2007

D: Siete entrambe figlie degli anni Sessanta. C’è stato un fatto storico, culturale o sociale, oppure una personalità che ha influenzato il vostro percorso artistico? 

Lidia Bachis: L’influenza più grande sul mio lavoro è stata determinata dai cartoni animati, con l’invasione da parte dei giapponesi nei palinsesti delle prime televisioni private. Candy Candy, Lady Oscar, Goldrake, Capitan Harlock, un vero schock retinico. Passavo pomeriggi interi a disegnarli, mi piaceva la pulizia della linea, così facile da seguire anche per la mano di una bambina, la definizione dei colori  brillanti e puliti, la sequenza delle immagini, capaci di costruire la storia con pochi passaggi. Crescendo, sono stata attratta dalla letteratura giapponese,il primo libro che ho letto è stato Genji monogatari, scritto nell'XI secolo dalla dama di corte Murasaki Shikibu vissuta nel periodo Heian, considerato uno dei capolavori della letteratura giapponese così come della letteratura di tutti i tempi.

Lidia Bachis, Mangaka, tecnica mista su carta, 2009

Poi sono arrivati gli artisti, non i mostri sacri che abbiamo imparato a conoscere, come Murakami o Yoshitomo, all’inizio quando ero ancora una studentessa il mio interesse era rivolto ai classici
Eitoku Kanō o Hokusai. Terminati gli studi, ho iniziato a seguire la scena artistica romana degli anni 90; all’epoca Roma era ancora “sbronza” dell’effetto travolgente scatenato da artisti come Schifano, Angeli, Mambor, Festa, ma chi la faceva da padrone era la transavanguardia. La storia la conosciamo, ma quello che posso dirti è che per chi come me si affacciava  nella scena artistica di allora, non era facile, i punti d’interesse si erano spostati, quando ero giovane quelli che sono grandi oggi lo erano anche al tempo, penso ad un Kounnellis recentemente scomparso. Non c’era molto spazio.
Da gruppi di artisti si passa agli outsider, penso ai primissimi lavori di Cattelan, della Pivi, della Beecroft, di Basilè. Per rispondere alla tua domanda i miei artisti di riferimento si intrecciano mimeticamente con la mia ricerca.Ci sono gli artisti come Carol Rama e la Bourgeois, Marlene Dumas, ma anche gli scrittori, i poeti, i registi.
Sono nata, come artista, in un momento in cui parlare di pittura era una sorta di oltraggio all’arte, un tabù, io dipingevo, stavo imparando, amavo l’odore dell’acquaragia, era il medium più economico per me in quel momento, dopo sono venuti i video e gli oggetti.
Ricapitolando, dipingevo e dipingevo figurativo, un binomio impossibile, erano gli albori della digital art, di nuovi media, di nuove forme di installazione, di interazione.

Lidia Bachis, Candy Eyes, olio su tela, 110 x 140 cm, 2011

Eva Gerd:
Questo è molto divertente, perché sembra che arriviamo da due pianeti lontani! Io di Candy Candy non sapevo nulla prima che Lidia me la mostrasse! Credo, anche se non sono sicura, che non c'erano quei programmi TV in Danimarca.
Non so nominare un fatto o qualcuno che in particolare mi ha influenzato. Mio padre faceva il falegname, realizzava anche i nostri mobili. Sono cresciuta con i valori della manualità e l'attenzione agli oggetti. Forse per questo ho cercato di acquisire delle abilità, prima ancora di sapere che le avrei utilizzate nel mio futuro, per diventare un’artista. Frequentavo una scuola di disegno in un museo, stando ore ferma a guardare una scultura greca o romana, per disegnare poche linea al giorno. Non c'era nessun obbligo tecnico per entrare all'accademia di belle arti, ma per il mio percorso era indispensabile. Il disegno delle statue portava allo studio del corpo umano, e da là all'anatomia. Non dal vivo o in fotografie, ma studiando le tavole anatomiche di diverse epoche.

Eva Gerd, The Anantomic Garden fig.6, disegno a matita, 56 x 76 cm, 2011

D: Il filosofo tedesco Hegel sosteneva che l’arte sarebbe diventata un passatempo da museo, una “splendida superfluità” da godersi con leggerezza. Secondo voi questa previsione si è avverata o l’arte oggi può ancora avere una funzione sociale e un ruolo importante per la collettività?

Lidia Bachis: Si è avverata, ma si è sviluppato anche il suo contrario, due nomi: Damien Hirst e Hai Weiwei. Da un lato il più irriverente degli young british artist, che esordisce con uno squalo in formaldeide e finisce con un tesoro ripescato dal fondo degli oceani, meraviglia e stupore; dall’altro il più impegnato, politicizzato, sostenitore delle cause umane, delle sue tragedie, uno degli artisti più ricchi al mondo, invade gli spazi con giubbotti salvagente. Massimo dell’edonismo contro massimo impegno.

Eva Gerd: L'arte in tutte le sue forme ha un ruolo importantissimo, sia sul livello individuale che collettivo.

Perché l'arte ha la capacità di farci entrare in una dimensione diversa da quella quotidiana. L'arte se fa emozionare e riflettere può cambiare qualcosa, è un'apertura, come camminare in un bosco fitto e trovarsi all'improvviso in uno spazio soleggiato.

Eva Gerd, particolare da Still Life-quiet tales from nothingness. Artefiera, Bologna 2013. Ossa rivestite di seta e ricamate 2009-2013
Cliccate QUI per maggiori informazioni sulla mostra NATURALMENTE.

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